Consumo del suolo, mozione di Giannizzari

4.04.17-ore 13,40: mozione del capogruppo del Movimento 5 Stelle, Savino Giannizzari su: CONTRASTO AL CONSUMO DI SUOLO E ALLA RICONVERSIONE DEL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE NEL COMUNE DI POTENZA

Premesso che :

L’impronta ecologica misura l’area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria per rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e per assorbire i rifiuti corrispondenti.

Semplificando molto, ci dà un’indicazione circa la domanda dell’uomo sulle risorse del pianeta.

Per sostenere noi Italiani, con il nostro stile di vita, le nostre abitudini, le nostre passioni e i nostri vizi, ci servirebbero almeno tre ulteriori Italie.

Questo è il dato che emerge dal Living Planet Report del 2008 del WWF.

I dati del WWF ci dicono che la domanda dell’umanità sulle risorse del pianeta supera del 30% la capacità rigenerativa del pianeta stesso e che oltre tre terrestri su quattro vivono in nazioni (e l’Italia è tra esse) che sono debitrici ecologiche.

È evidente, pertanto, che la terra ci serve e che dovremmo tenercela stretta, preservarla e aumentare, laddove possibile, la sua capacità di dare vita.

Il dissesto idrogeologico è sempre più manifesto.

Piangiamo tutti gli anni decine di sue vittime.

Ma poi, passata la bufera, si ritorna a cementificare.

La spinta al consumo di suolo è venduta all’opinione pubblica come una necessità dell’economia, che avrà certamente ricadute positive sul benessere dei cittadini.

Quindi, visto il tasso di cementificazione che abbiamo vissuto in Italia, dovremmo essere una delle locomotive economiche d’Europa e uno dei paesi dove il livello di qualità della vita è più alto.

E invece non è così.

Perché?

Perché la pianificazione urbanistica, in Italia, è pressoché assente, e dove non vi sono regole a garanzia dell’interesse collettivo, prevalgono gli interessi di pochi, di chi domina il mercato.

Il livello di cementificazione del nostro Paese è, infatti, tra i più alti in Europa, e l’impressionante tasso di consumo di suolo, certificato dai dati ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) del 2014, impone una risposta delle Istituzioni.

Non va per questo contrapposta la tutela del territorio alla, auspicata, ripresa del settore edilizio.

Lo sviluppo di questo comparto e la disponibilità di nuovi alloggi possono essere assicurati attraverso idonei programmi di rigenerazione urbana, di recupero, ristrutturazione, riuso e riqualificazione energetica degli edifici esistenti, sviluppo delle energie rinnovabili, di bonifica dei siti contaminati e delle aree industriali dismesse, riducendo il consumo di nuovo suolo.

Va rilevato che il Testo Unico degli Enti Locali (art. 13) afferma con chiarezza che “Spettano al Comune tutte le funzioni amministrative riguardanti l’assetto e l’utilizzo del territorio.”

In realtà,a causa della legge, che consente di applicare alla parte corrente dei bilanci gli oneri di urbanizzazione, si pratica la monetizzazione del territorio.

Una prassi che fino ai primi anni ’90 era tassativamente vietata e che vede l’ente comunale come soggetto debole nei confronti dell’operatore privato, il quale può mettere in gioco quelle risorse necessarie alla chiusura annuale dei bilanci.

Un circolo vizioso che sta portando al collasso urbanistico, dovuto ad una espansione disordinata e senza limiti.

Ovviamente, le dichiarazioni e le motivazioni elencate a sostegno delle scelte urbanistiche indicano sempre grandi e durature utilità per le comunità, ma la destinazione d’uso dei terreni, in realtà, non è stabilita a partire dalle necessità della comunità che vive su quella stessa terra, bensì da un processo decisionale orientato dalla forza contrattuale di chi detiene la proprietà dei terreni.

Un meccanismo deleterio, che permette di finanziare i servizi ai cittadini con l’edilizia e che di fatto droga i bilanci comunali, finanziando spese correnti con entrate una tantum che però, siccome il suolo non è infinito, prima o poi termineranno.

Un processo decisionale sovente infarcito da proclami, prodotti dalla convinzione che

ha ormai intossicato la quasi totalità della classe politica: “non si può stare fermi,bisogna crescere ed essere competitivi, l’economia non si può rallentare, bisogna

ammodernare il Paese, occorre dare una risposta alle esigenze del mercato”.

Non è raro,poi, che il consumo di suolo diventi addirittura spreco: sono migliaia i capannoni vuoti, milioni le case sfitte.

Sprechi che non hanno nessun beneficio, né sull’occupazione né sulla qualità della vita dei cittadini, ma che al contrario, e paradossalmente, producono brillanti effetti sul PIL, perché un capannone dove mai nessuno lavorerà o una casa dove mai nessuno abiterà, aumentano comunque il PIL della nazione.

Il concetto di benessere andrebbe ridefinito, da ciascuno di noi.

Come?

Misurando e acquistando consapevolezza della nostra impronta ecologica.

Cercando di fare in modo che il segno del nostro passaggio, del nostro camminare, non pregiudichi nulla per chi verrà dopo di noi.

Per tutte le decisioni, dobbiamo domandarci se davvero crescerà il benessere.

Il benessere inteso  come stare bene, che non è da confondersi con il PIL.

Un indicatore, il Prodotto Interno Lordo, del tutto inadatto a dirci quanto sta bene un Paese.

Il Paese è al dissesto idrogeologico, il patrimonio paesaggistico e artistico rischia di essere irreversibilmente compromesso, l’agricoltura scivola verso un impoverimento senza ritorno, le identità culturali e le peculiarità di ciascun territorio e di ogni città, sembrano destinate a confluire in un unico, uniforme e grigio contenitore indistinto.

Potenza in questo senso rappresenta un esempio negativo di consumo di suolo dissennato con un tessuto urbano corroso da colate di cemento, nate dal nefasto connubio di conflitti di interesse tra certa politica e un comparto edilizio senza scrupoli.

Da questo connubio sono nati i tanti quartieri dormitorio di una città che ha svenduto il patrimonio del verde agli appetiti dei soliti noti.

Una città che ha messo al centro delle sue attenzioni il cemento e le automobili a discapito della vivibilità e della sostenibilità ambientale.

Ci siamo giocati negli anni gli scorci naturali più belli del capoluogo come il lungotorrente Gallitello, il vallone di Santa Lucia, brutalmente lottizzato e che verrà massacrato dall’ennesima colata di cemento in zona F12, le colline di rione Cocuzzo, parte dei boschi di Macchia Romana, solo per citarne alcuni.

È giunto il momento di prendere atto con responsabilità che Potenza è malata di cemento ed agire di conseguenza.

Per salvaguardare il patrimonio naturalistico rimasto, come l’area del Basento che potrebbe ospitare un grande Parco e vedere nella riconversione di alcune strutture come la ex Vivalat una prospettiva di sviluppo sostenibile, occorrono azioni concrete.

Ripensare l’urbanistica, restituendo dignità alla pianificazione territoriale e rimettendola nelle mani del soggetto pubblico slegandole dai soliti speculatori, comporta un radicale cambio di prospettiva che modifichi completamente il quadro entro il quale si assumono le decisioni che riguardano il destino del nostro territorio.

L’attenzione, il rispetto e l’oculatezza nella gestione del suolo scateneranno un’influenza a 360°, in tutte le sfere della politica amministrativa, restituendo lo smalto all’impegno nelle istituzioni.

Faranno incontrare un nuovo e diverso modo di fare politica.

Almeno fino a quando non verranno previsti e introdotti canali di finanziamento specifici per i Comuni che decidono di tutelare e non consumare suolo.

Pertanto

CONSIDERATO CHE:

– In Italia soltanto negli ultimi 15 anni circa tre milioni di ettari, un tempo agricoli, sono stati asfaltati e/o cementificati.

– Questo consumo di suolo sovente si è trasformato in puro spreco, con decine di migliaia di capannoni vuoti e case sfitte: suolo sottratto all’agricoltura, terreno che ha cessato di produrre vera ricchezza.

– La sua cementificazione riscalda il pianeta, pone problemi crescenti al rifornimento delle falde idriche e non reca più alcun beneficio, né sull’occupazione né sulla qualità della vita dei cittadini.

– Da una parte lo svuotamento di molti centri storici e dall’altra l’aumento di nuovi residenti in nuovi spazi e nuove attività hanno effetti alla lunga devastanti, perché significano a loro volta nuove domande di servizi e così via all’infinito, dando vita a quella che si può definire la “città continua”.

– L’articolo 9 della Costituzione italiana impone a tutti gli enti della Repubblica di salvaguardare il paesaggio, oltre che il patrimonio storico e artistico del Paese.

– Occorre ripristinare un corretto equilibrio tra Uomo ed Ambiente sia dal punto di vista della sostenibilità (impronta ecologica) sia dal punto di vista paesaggistico.

– Il suolo di una comunità è una risorsa insostituibile perché il terreno e le piante che vi crescono catturano l’anidride carbonica, per il drenaggio delle acque, per   che rilascia d’estate, per le coltivazioni, per il benessere psicofisico delle persone ecc.

– Riguardo a tutti i temi in questione occorre senso di responsabilità verso le future

generazioni.

– Un Comune anche solo minimamente attento alla salute e al benessere dei propri cittadini deve concretizzare almeno i seguenti obiettivi in campo urbanistico:

  1. a) Salvaguardare il sistema naturale ambientale, individuando gli opportuni vincoli di protezione, ma anche proponendo interventi di riqualificazione del territorio;
  2. b) Promuovere il recupero del patrimonio edilizio di interesse storico ambientale e la riconversione delle strutture produttive collocate nell’abitato;
  3. c) Proporre sviluppi insediativi coerenti con le suddette misure di tutela ambientale limitando gli interventi ad aree limitrofe all’edificato tenendo conto che il tetto insediativo massimo deve far riferimento alla proiezione del saldo naturale medio cui sommare il fabbisogno endogeno di abitazioni: matrimoni, nuove unioni,tendenza a vivere da soli ecc.
  4. d) Valorizzare le potenzialità insite in alcune zone con proposte di fruizione del paesaggio agrario e di alcune sue peculiarità.
  5. e) Salvaguardare e valorizzare l’attività di produzione agricola.

PRESO ATTO CHE:

Come risulta dal Rapporto Ispra 2014 il consumo di suolo effettivo  in Basilicata, che non considera cioè quelle aree naturalmente protette dal consumo di suolo, è del 3,10%.

Il dato preoccupante riguarda tuttavia l’incremento di consumo di suolo negli anni tra 1989-2008 con un tasso annuo del 2,92% e il conseguente sprawl (espansione cementizia disordinata) urbano per il Comune di Potenza.

Il consumo di suolo è associato ad una modalità di ampliamento del tessuto urbano che vede la diffusione di insediamenti a bassa densità dal centro urbano verso l’esterno, producendo una forma di semplificazione del paesaggio che perde le sue peculiarità e si banalizza.

Lo sprawl, quindi, equivale dell’indice di dispersione urbana che indica la frammentarietà dei margini urbani.

Per il Comune di Potenza tale valore è tra i più alti in Italia, attestandosi circa al 90%: valori crescenti si hanno all’aumentare della distanza dai poli centrali, restituendo valori di picco nelle aree di montagna, ultraperiferiche e con popolazione contenuta al di sotto dei 3.000 abitanti.

Tale fenomeno ha come conseguenza diretta l’abbandono dei centri storici alla volta delle periferie generando non poche problematiche: si sono sconvolti gli equilibri ambientali e paesistici dell’area, complicando la gestione delle infrastrutture e dei servizi e rendendo instabili le relazioni tra l’area urbana e le aree periferiche.

Osservando i dati ISTAT, si nota che la popolazione nella provincia del Comune di Potenza mostra un non trascurabile decremento di popolazione che vede i dati del 2015 con saldo naturale fortemente negativo con 2.660 nascite e 4.325 decessi

Il consumo di suolo continua a ritmi molto più alti della contenuta crescita del numero di abitanti.

L’Agenzia Europea per l’Ambiente definisce “incontrollata” quella espansione urbana che si verifica quando il tasso di trasformazione e di consumo di suolo per usi urbani supera quello di crescita della popolazione.

IL CONSIGLIO COMUNALE IMPEGNA IL SINDACO E LA GIUNTA

A:

  1. che si blocchi il consumo di suolo e si costruisca esclusivamente su aree già urbanizzate;
  2. che il suolo libero non sia più utilizzato come moneta per la parte corrente dei bilanci comunali;
  3. che si indirizzi il comparto edile esclusivamente alla ricostruzione e ristrutturazione

energetica del patrimonio edilizio esistente;

4. che il verde pubblico venga valorizzato puntando alla realizzazione di Parchi attrezzati e difendendo gli spazi verdi naturali per fini paesaggistici, ambientali e a tutela dal dissesto idreogeologico.