Lo Stemma della Città di Potenza I leoni non si arrampicano sulle scale

Stemma

Come tanti fatti potentini, anche quello che riguarda lo stemma cittadino appartiene ad una storia travagliata che qui si cerca di raccontare, comple­tandola con alcune notizie poco conosciute; purtroppo i risultati di questa ricerca non sono affatto conclusivi e rimarrà quindi ai posteri la facoltà di ricercare ancora, correggere, modificare e di inventare come si è fatto sino ad oggi.
Prima di noi, questa storia ha interessato anche il professore Antonino Tripepi, che già a Potenza da quasi vent’anni con l’incarico di Archivista Provinciale, nel 1916 dedicava a Gi ustino Fortunato un saggio dal titolo “Curiosità Storiche di Basilicata”. (1)
Il volume, stampato a Potenza nella tipografia di Vincenzo Garramone, contiene una miscellanea di argomenti diversi, dedicati alla città di Potenza: uno dei capitoli è intitolato “L’arma blasonica della Città di Potenza”.
L’autore riportava le notizie già raccolte da Scipione Mazzella, Giuseppe Gattini, Giacomo Racioppi, e Giovan Battista Di Crollalanza sull’ argomen­to. (2)
Per quanto riguarda la banda trasversale -che è una caratteristica comune in molte rappresentazioni iconografiche dell’ araldica- Tripepi dovette avere dei dubbi, tanto che annotò sia la descrizione di La Cava, una scala, sia l’opinione del Gattini: la banda è mutata in scala forse perchè così interpreta­te le lineette con che era segnato in qualche stampa il rosso. Aggiunge Tripepi: così finalmente l’errore detto e ripetuto, del leone rampante salendo una scala non avrà altri seguaci.
Michele La Cava nel 1884 aveva scritto un opuscolo sugli stemmi comunali di tutta la provincia, e per quello di Potenza: Leone coronato gradiente su di una scala. Leone e corona color oro, scala legno, campo cielo. La corona è da Conte. (Dal Grande Archivio}. Nel basso rilievo in pietra calcarea che trovasi sull’alto della porta Municipale evvi in aggiunta una stella. (3)
Tripepi proponeva, inoltre, una interpretazione circa l’origine e significato dei vari particolari dell’ emblema e si soffermava ad indicare che il colore azzurro dello sfondo poteva essere lo stesso dello stemma dei Caracciolo; che le tre stelle sovrastanti il leone ricordavano i tre leoni nell’emblema nobiliare di Filippo de Lanoy, marito di Porzia di Guevara e già Conte di Potenza ed infine che il colore rosso della banda trasversale derivava dal simbolo dello stemma dei Sanseverino, antichi feudatari della città.
Lo stesso Tripepi, qualche anno più tardi, ritornava sull’argomento perchè sollecitato dal comm. Antonucci – all’epoca Commissario al Comune di Potenza- che gli chiedeva notizie sulla storia della città da trasmettere al T.C.I. per aggiornamenti alla Guida dell’Italia Meridionale; Caro Antonucci – ­scriveva Tripepi- ho cercato di abbreviare alla meglio, senza toccare l’originale minuta. Avrebbero potuto combinare qualcosa di più organico e meno raccattato.(….) Perchè non mettere la descrizione dello stemma di Potenza: leone coronato d’oro, sostenuto da una banda abbassata e cucita di rosso e sormontato nel capo da tre stelle d’argento in campo azzurro? (4)
Ci sia concesso di ritornare sull’ argomento, col riferire una notizia che ci riporta ai primi decenni del secolo scorso: nel luglio del 1827 il Sindaco di Potenza Vincenzo Giambrocono, laureato in medicina, dopo anni di liti giudiziarie era riuscito a risolvere una controversia sorta tra il Comune ed alcuni cittadini che erano fittuari dei locali compresi nel grande complesso edilizio dell’ex-Convento San Giovanni di Dio; è da notare anche che gran parte di tale immobile era rimasto occupata fino al 1810 dall’ ospedale cittadino.
La controparte di questa lite era costituita dai concittadini Vincenzo Manta e don Pasquale Vaglio, i quali reclamavano il diritto di rimanere nei locali loro fittati sin dal 1804 e addirittura contestavano che il Comune di Potenza fosse legittimo proprietario dell’immobile. Il Tribunale avanti al quale si discusse la controversia, decise che i fittuari dovevano lasciare i locali da loro occupati, in quanto i termini temporali stabiliti nel contratto di fitto erano scaduti e decretò che l’intero locale di San Giovanni di Dio, tanto nella parte superiore che nella inferiore, veniva riconosciuto di piena proprietà comunale.
Giambrocono riuniva quindi il Consiglio per approvare urgenti opere di restauro all’immobile, onde cederne una parte al Giudicato Regio della città, e quindi l’appalto dei lavori veniva affidato ai muratori Canio Sileo e Felice Sanza. Nel corso di tali opere, venne scoperto nelle stanze più recondi­te, lo stemma di questa Comune di Potenza inciso a buon scalpello in una larga pietra, che rappresenta un Leone eretto, e coronato sul vertice del suo capo.
Lo stesso Sindaco si attribuì il merito di tale ritrovamento e chiese all’Intendente Provinciale, con lettera del 14 luglio 1827, di poter provvede­re al restauro dell’ emblema storico e di fame costruire altri da uno scalpel­lino, tal Gerardo Candolfi: Questa preziosa impresa Comunale, che per azzardo ho salvata io dalle malli de’ fabbricatori, indica prima d’ogni altro che il locale sudetto era di Potenza (…) si compiaccia quindi autorizzarmi a fame incidere in pietra tanti quanti ne bisognano per la Casa Comunale, per le due Caserme e per i due locali del Giudicato.
Qualche giorno più tardi, esattamente il 20 luglio, l’Intendente De Nigris rispose al Sindaco e gli chiese di conoscere d’onde risulta che tale Stemma si appartenga effettivamente alla Città di Potenza e quindi quale spesa approssimati­va possa occorrere per far incidere altri stemmi simili.
Di fronte alle osservazioni di De Nigris, Giambrocono non si arrese, e in una seconda missiva datata 23 successivo, comunicò che negli stessi locali di San Giovanni di Dio si è rinvenuto anche una carta piena di tante impronte dell’antichissimo suggello di questa Comune di Potenza, la quale dimostra all’evi­denza che lo stemma Potentino è un leone eretto, e coronato, circondato da tre stel­le nella parte superiore. Questa preziosa reliquia con tanta cura e pena mia è stata da me ricuperata, e rimarrà sempre in deposito nella Casa Municipale.
Questa corrispondenza si conclude con una missiva dell’Intendente a Giambrocono, con la quale si autorizza il comune alla spesa di ducati 9 per la formazione dello Stemma comunale, e di carlini 10 per la pulitura di quello ritro­vato nel locale San Giovanni di Dio. Per gli tre poi da costruirsi, si daranno le opportune disposizioni, allorchè le circostanze della Cassa Comunale saranno più favorevoli.
Il dottor Giambrocono, fiero delle sue scoperte, aggiunse anche di aver ricercato altrove conferma sulla autenticità ed importanza di tali simboli municipali, e così terminava la sua lettera: Mi sono portato nella Chiesa della SS. Trinità di questo Comune a guardare la soffitta che fu fatta da questa Università un tempo, ed ivi ho avuto il piacere di ritrovare l’impronta istessa del Leone; e da Guardiaboschi istessi sono stato assicurato che gli antichissimi termini lapidei che vi sono all’intorno del Bosco Comunale Pallareta, sono freggiati del­l’implema (sic) istessa. Dunque il Leone è il vero stemma di questa Comune. (5)
Non ci è dato di sapere se questo stemma è lo stesso che in quegli anni era affisso sulla facciata del Municipio: in una relazione dello stesso Giambrocono, ancora sindaco nel 1828, si legge del Corpo di Guardia posto avanti al palazzo municipale, consistente in due garitte tra le quali era posto il grand’emblema sulla porta d’ingresso.
Nell’ Archivio di Stato di Potenza, che conserva queste carte, vi è anche un foglio sul quale sono impressi, con timbro ad inchiostro, diversi campioni dello stesso emblema, compreso in un ovale, senza altri fregi. (6)
Chi scrive queste note ha tentato recentemente di ritrovare qualche esem­plare dello stemma cittadino: dapprima con una ricognizione sul versante sud orientale dell’ agro potentino, ovvero ai margini del bosco di Pallareta che era in gran parte Demanio comunale. In quella località, nascosti tra i rovi del sottobosco, sono stati rinvenuti soltanto due cippi lapidei, cioè i segnali che tradizionalmente segnavano i confini del territorio comunale; entrambi recano scolpiti la lettera “P”; tuttavia, è noto che nel 1864 furono apposti nel luogo anche diversi cippi con le lettere “M. P,”, ovvero Municipio di Potenza e relativo stemma.
Una ulteriore ricerca presso il Museo Provinciale di Potenza ha confermato l’esistenza -fino a qualche anno fa- di una copia dello stemma in pietra (oggi scomparsa?), verosimilmente lo stesso di cui fa cenno La Cava.
Esiste soltanto una riproduzione fotografica di tale reperto: la qualità della scultura è scadente ed i tratti grossolani; proprio questo particolare potreb­be far supporre che si tratti di un’opera del Candolfi già citato. Costui era uno scalpellino e non un artista: si era fermato una prima volta a Potenza tra il 1811 ed il 1815, impegnato alla riparazione dell’antico acquedotto da Botte a Santa Maria e più tardi vi era tornato per aver preso in appalto altri lavori pubblici. (7)
Circa le notizie raccolte da Tripepi e prima di lui da La Cava, e le differenze che si notano tra lo stemma lapideo sopra descritto e quello a timbro ritro­vato dal sindaco Giambrocono, occorre fare una più ampia riflessione sull’originalità dello stemma: senza andare troppo indietro nel tempo, si può notare che tra ‘800 e ‘900 sono tantissime le varianti, spesso fantasiose ed incoerenti, di questa icona potentina.
La banda trasversale si rinviene talora posta a tergo, altre volte avanti o sotto il leone rampante; il numero delle stelle varia da una a tre, e perfino la sagoma dello scudo varia dall’ ovale al quello di tipo” sannitico”. Sul frontone del Teatro Stabile (chissà chi ne è stato l’artefice) è raffigurato un grande scudo di tipo “sagomato con anse, curve e spigoli” con una sorta di leone sovrastato da due stelle, rampante su una banda e su tutto è posta la corona con cinque torri.
Nel ventennio fascista i Decreti regi del 27 marzo 1927, del 14 giugno 1928 e 11 aprile 1929 relativi al riconoscimento degli stemmi per le Province, Comuni, Opere Pie ed Enti morali, autorizzavano ad assumere il “Capo d” Littorio” negli emblemi; il Podestà Gioacchino Viggiani, con la delibera comunale del 31.7.1938, decise di richiedere alla Consulta araldica del Regno autorizzazione a raffigurare, nello stemma e nel gonfalone della città un’arma di azzurro, con leone cotonato d’oro, sostenuto da una banda abbas­sata e cucita di rosso e sormontato nel capo da tre stelle d’argento, con la scritta ‘Civitas Potentina’, con il Capo del Littorio che imprimeva ad essi pregio e signifi­cazione nel trionfo dell’era fascista ed imperiale. (8)

Note
(1) – Antonino Tripepi, originario di Reggio Calabria, già funzionario del!’ Archivio Provinciale di Bari, era stato assunto dal Consiglio Provinciale di Potenza con delibera del 15.8.1897, quale Direttore dell’ Archivio Provinciale di Potenza, ufficio che era stato istituito nell’ anno 1850. Negli anni trascorsi a Potenza, Tripepi scrisse innumerevoli saggi e articoli; tra l’altro, intorno agli anni ’20 fu Redattore capo del quotidiano locale “Giornale di Basilicata”.
(2) – G. Gattini, Delle armi de’ Comuni della Provincia di Basilicata, Matera 1910; G. Racioppi, Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata, Roma 1902; S. Mazzella, Descrizione del Regno di Napoli, Napoli,1601; G.B. Di Crollalanza, Dizionario storico blasonico delle fami­glie notabili estinte e fiorenti, Pisa 1886-1899
(3) – M. La Cava, Gli Stemmi della Provincia e Comuni di Basilicata pel dott. Michele Lacava, Presidente del Comitato Provinciale per l’offerta di un Album a S. M. il Re, Potenza, 1884
(4) – Archivio Storico Comune di Potenza, B. 1416; minuta di lettera dattiloscritta senza data (gennaio 1928)
(5) – Tutte le notizie relative al carteggio del Sindaco Giambrocono e l’Intendente provincia­le (a. 1827/1828) si trovano in Archivio di Stato di Potenza, Intendenza, Amm.ivo, B.443; sullo stesso argomento, cfr. Archivio Storico Comune di Potenza, B. 409.
(6) – Archivio di Stato di Potenza, Intendenza, Amm.ivo, B. 443. La forma dello scudo è di forma ovale, detto anche ancile; la corona cimata da otto fioroni (di cui cinque visibili) indicano il rango di ducato; la banda diagonale è posta in posizione bassa, che non è usuale in araldica.
(7) – La fotografia di tale stemma è stata eseguita intorno al 1970 da Giorgio Rutigliano e riprodotta quindi nel volume Cento Cuntane, Potenza e la Basilicata tra il 1800 e il 1930 di Carlo Rutigliano, edito a Potenza nel 1977.
(8) – Arch. Privato Famiglia Viggiani in Napoli, schizzo acquerellato dello “Stemma del Comune e Gonfalone”.
(9) – Giovanna Motta, Stemmi della Basilicata -Armi parlanti…in discussione, Lavello 1996. Dello stesso anno è il manifesto curato da Susanna Spoto per la Regione Basilicata. In entrambi i lavori è evidente che i disegni degli emblemi sono “rivisitati” graficamente.