Melfi

 Sul colle dominante la cittadina si erge il castello normanno, successivamente ampliato durante il periodo svevo (con la torre detta di Marcangione e la cisterna nel cortile posteriore) e angioino (vani circostanti la sala del trono). Il complesso è costituito da un corpo centrale circondato da una cinta muraria, con tre torri poligonali e cinque rettangolari. In esso si tennero due concili convocati, rispettivamente, nel 1059 da Nicolò II e nel 1130 dall’antipapa Anacleto; divenuto sede degli Svevi, Federico Barbarossa vi promulgò nel 1231 le Constitutiones Augustales del Regno di Sicilia. Nel XVI secolo il castello divenne residenza della famiglia Doria fino al momento della riforma agraria.
Al piano terreno è allestito il Museo Archeologico Nazionale del Melfese che ospita i materiali pertinenti alle popolazioni indigene della Daunia, dal IX sec. a.C. fino al periodo immediatamente precedente la romanizzazione (III sec. a.C.). Nella I sala sono esposti i corredi di VII e VI sec. a.C., con ceramiche di produzione canosina decorate nel tipico stile geometrico, provenienti da Banzi, Lavello, Ruvo del Monte e Ripacandida; nella II sala si raccolgono le decorazioni architettoniche fittili (antefisse) delle strutture abitative dei centri di Lavello e Banzi. Nella III sala sono in mostra i corredi tombali di Melfi, ricchi di vasellame metallico etrusco e di ceramica greca di V sec. a.C.; la IV sala, infine, ospita i reperti provenienti da sepolture databili tra la fine del V e gli inizi del III sec. a.C.: si segnala la tomba di cavaliere (n. 669) da Lavello, con raffinate ceramice apule a figure rosse e un gruppo di armi da parata (fine IV-inizi III sec. a.C.). Nella torre adiacente l’ingresso principale è conservato il celebre sarcofago rinvenuto presso Rapolla, opera delle botteghe scultoree di Asia Minore del II secolo: sul coperchio è raffigurata la defunta distesa su una kline; la cassa è decorata da finte architetture, con nicchie inquadranti figure di divinità e di eroi, e da fregi con tritoni, mostri marini e motivi vegetali.
All’uscita del castello si imbocca via Vittorio Emanuele e, girando a sinistra, in via Novella si arriva a largo Duomo, dove si consiglia la visita del Duomo, eretto nel 1155 da Guglielmo il Malo e ristrutturato interamente nel XVIII secolo. Della fase originaria è il campanile, opera di Noslo di Remerio, con bifore romaniche decorate da grifi in pietra nera, con un piacevole contrasto di pietra chiara e scura, e materiali riutilizzati risalenti al periodo romano. All’intemo della chiesa, a tre navate, si conservano, tra le varie opere, un crocifisso ligneo trecentesco e una tavola del XII secolo raffigurante una Madonna con Bambino.
Lungo Corso Garibaldi si giunge alla chiesa S. Maria la Nuova del XIII secolo e, retrocedendo, è possibile ammirare un lembo delle antiche mura di Melfi con la Porta Venosina, di età sveva, rimaneggiata durante il dominio spagnolo.