Venosa

 Il centro moderno si sviluppa sull’antica colonia latina di Venusia (291 a.C.), città natale del poeta Orazio, in un’area che ha restituito anche significative testimonianze del periodo paleolitico. Importante roccaforte longobarda, occupata in seguito dai Bizantini e dai Saraceni, divenne con l’arrivo dei Normanni nel 1041 contea di Drogone d’Altavilla, che vi edificò la chiesa della SS. Trinità. Città regia con Federico II, venne in seguito distrutta nel 1459 da Giovanni Antonio Orsini, riedificata da Pirro del Balzo con la costruzione del castello. Nel 1501 fu conquistata dagli Aragonesi per poi passare ai Gesualdo, Ludovisi, Boncompagni, Caracciolo di Torella. Nel 1700 fu famosa per gli opifici tessili; nel 1800 venne coinvolta nei moti carbonari e nel 1861 accolse gli uomini del bandito Crocco, aderendo all’insurrezione filo-borbonica.

Entrando nel moderno abitato, all’incrocio tra le vie Tangorra e Diaz, s’incontra l’indicazione per il Parco Paleolitico, ubicato in località Loreto-Notarchirico; esso comprende numerosi livelli di frequentazione, risalenti ad un periodo compreso tra 300-400 mila anni fa (Paleolitico Inferiore-Acheuleiano Medio), situati ai margini di un grande bacino lacustre che costituiva per l’uomo paleolitico un habitat adatto a forme economiche semplici quali la caccia e la raccolta. Qui è stato rinvenuto il femore di un individuo femminile in età adulta (Homo erectus) che recava tracce di una ferita profonda alla coscia. Ricchissima era la fauna con elefanti, rinoceronti, equidi, bovidi, cervidi e la sopravvivenza di alcune specie terziarie come la tigre dai denti a sciabola.

Ritornando nel centro urbano si giunge al castello aragonese, costruito dal duca Pirro del Balzo nel 1470. L’edificio, circondato da un ampio fossato, è a pianta quadrata con cortile centrale e torri circolari, queste ultime utilizzate come segrete. All’intemo, la loggia con pilastrini ottagonali risale al XVI secolo, mentre l’ala di nord-ovest è dei secoli XVII e XVIII. Gli scavi condotti di recente nel cortile hanno permesso di individuare grandi cisterne intonacate riferibili al periodo romano. Il Museo Archeologico, allestito nel camminamento all’interno dei bastioni e aperto al pubblico nel 1991, ospita i materiali relativi al periodo della romanizzazione dell’area del Melfese e alla colonia di Venusia. All’ingresso, sono esposti gli oggetti pertinenti alla fase preromana (stipe di Banzi-santuario in loc. Fontana dei Monaci e l’askos Catarinella che raffigura un funerale romano); proseguendo nel percorso museale s’incontrano i materiali della fase repubblicana della colonia romana, in particolare le decorazioni architettoniche, gli ex-voto ed il monetiere. Al periodo tra la fine della repubblica e l’età augustea si datano numerose iscrizioni funerarie e alcune importanti testimonianze epigrafiche quali i cippi relativi all’auguraculum di Banzi e il frammento di tavola bronzea con la lex bantina municipalis (100 a. C.). Quest’ultima è un documento bilingue recante sul recto una legge romana della fine del II sec. a.C. e sul verso un testo osco di poco successivo che testimonia il processo di “romanizzazione spontanea” del centro indigeno sottoposto all’influenza della vicina Venusia. Degno di nota è il telamone nello schema di Atlante, probabile testimonianza di un edificio teatrale non ancora individuato nella città romana.

L’età imperiale è documentata da epigrafi funerarie e onorarie, un ritratto in marmo di un esponente della famiglia imperiale giulio-claudia (forse Germanico) ed affreschi parietali provenienti dall’area dell’Anfiteatro. Il tratto finale del percorso museale si riferisce al periodo tra il tardo impero e l’età normanna, con reperti testimonianti il processo di disgregazione della città romana e le prime tracce della presenza cristiana (iscrizione del V sec.) e longobarda (corredo funerario di VII sec.). Lasciando alle spalle il castello e percorrendo corso Vittorio Emanuele, s’incontra piazza Q. Orazio Flacco con la cattedrale, complesso architettonico rinascimentale risalente al 1470 e costruito da Pirro del Balzo. La facciata è dotata di portale marmoreo; l’intemo, a tre navate, è a croce egizia e si sviluppa maestosamente con un ampio transetto e cappelle laterali. Presso il presbiterio si erge un grandioso arco marmoreo del 1500. All’intemo è possibile ammirare una serie di tele, tra cui quella di S. Antonio di Padova di scuola veneziana del XVII secolo.

Imboccando via Francesco Frusci, nella prima traversa a destra, si incontra la cosiddetta casa di Orazio che in realtà si identifica con quanto resta di una domus del II secolo, di cui si sono individuati alcuni ambienti termali. Al termine di via Frusci, proseguendo lungo la strada che conduce alla stazione ferroviaria, presso la chiesa di San Rocco, è l’ingresso del Parco Archeologico. Dell’antico abitato romano sono visibili una domus di età repubblicana (II sec. a.C.), le terme pubbliche con mosaici raffiguranti temi marini (I sec. a.C.) e l’Anfiteatro (I secolo), edificati all’intemo del sistema stradale urbano di tipo ortogonale. Le fasi successive sono segnate dalla chiesa della Trinità, costruita nel V secolo e caratterizzata da una pianta a tre navate con abside dotato di otto aperture (trasfonnate poi in finestre) e pavimenti in mosaico e in mattoni. In età medioevale (X – XI sec. ) il piano di calpestio venne sopraelevato e rivestito con tasselli di colore rosso, bianco e nero a motivi geometrici. All’interno si conserva il sarcofago con le spoglie di Roberto il Guiscardo; recente è il rinvenimento di uno stampo di campana in terra compressa al centro della chiesa. Coevo alla prima fase della chiesa della Trinità è l’adiacente battistero costituito da una vasca esagonale, all’intemo di una struttura muraria a pianta trilobata, e da una seconda vasca a pianta cruciforme. Alle spalle dell’abside sorge la suggestiva chiesa dell’ Incompiuta, la cui costruzione cominciata dai Benedettini nel 1135 si arrestò alle mura perimetrali. Testimonianza del complesso sviluppo del centro sono i blocchi di reimpiego utilizzati nell’alzato della chiesa, provenienti dal Foro, dall’Anfiteatro di età romana e da una Sinagoga ebraica. Proseguendo oltre, ad una cinquantina di metri dalla strada, si incontrano le catacombe ebraiche (IV sec.) scavate nel tufo e ricche di iscrizioni, di incisioni e di affreschi raffiguranti candelabri a sette braccia. E’ possibile visitare inoltre le catacombe cristiane, risalenti al IV secolo, adiacenti all’ipogeo ebraico.