“La città di Potenza e tutta la comunità lucana accoglie con gioia, emozione e devozione l’urna di San Giovanni Bosco. Un sincero grazie a Don Italo, a tutta la Comunità Salesiana, Potentina e Lucana, a Don Pasquale Cristiani, ispettore salesiano dell’Italia meridionale, un grazie a loro ed un grazie ai Vescovi Lucani e al Presidente della loro conferenza Monsignor Superbo per aver reso possibile questo evento. E’ il saluto e il ringraziamento che porto a nome dei colleghi Sindaci dei 131 paesi Lucani e in particolare di quelli che ospitano o hanno ospitato la Famiglia salesiana. Consentitemi di esprimere la particolare emozione mia personale e della mia intera comunità per quel particolare legame che unisce la città di Potenza a Don Bosco, è il legame che nasce con l’arrivo dell’indimenticato Monsignor Augusto Bertazzoni, uno dei ragazzi che al capezzale di Don Bosco offrì la sua vita per quella del Santo. Don Bosco lo accarezzò e gli predisse che sarebbe diventato Vescovo e fu Vescovo di Potenza per 36 anni. Proprio Monsignor Bertazzoni il 15 ottobre 1964 istituì la Parrocchia Salesiana di San Giovanni Bosco nel rione Risorgimento.
Il prossimo anno ricorrerà il 50º e sarà l’occasione per ricordare quanto preziosa è stata ed è per la nostra intera Città la presenza e l’azione pastorale e pedagogica dei Salesiani in una società in crisi e con i giovani disorientati, senza riferimenti e alla ricerca di valori.Il messaggio di Don Bosco è straordinariamente attuale. La Carità Pastorale intesa come indirizzo ad operare con amore, cordialità, affetto che fu per Don Bosco costante ispirazione nell’opera di educatore ed evangelizzatore, orientandone vita, preghiere, slancio missionario, rappresenta il cuore di quel “metodo preventivo” con cui i Salesiani ancora oggi sviluppano il loro rapporto con i giovani offrendo a società ed Istituzioni un modello relazionale sano e costruttivo.Don Bosco diceva che “l’opera dei Salesiani e dei loro Cooperatori tende a giovare al buon costume, diminuendo il numero dei giovani che, abbandonati a se stessi, corrono il rischio di andare a popolare le prigioni. Istruire costoro, avviarli al lavoro, provvederne i mezzi e, dove sia necessario, anche ricoverarli, nulla risparmiare per impedirne la rovina, anzi farne buoni cristiani e onesti cittadini.” Da geniale educatore coglie l’unità della persona ed orienta la sua azione educativa a tutto l’educando: essa si dirige alla sfera fisica (soprattutto attraverso il gioco), alla sfera religiosa, morale, intellettuale, affettiva. Coglie l’unità dell’uomo nella molteplicità dell’agire. Come educatore cattolico e come Santo, Don Bosco coglie l’unità della persona umana nella dimensione religiosa, secondo l’insegnamento del Vangelo. Solo questa visione profonda poteva portarlo a frequentare, interloquire, assistere i bambini nei cantieri di Torino o quelli già sulla via della violenza e della emarginazione. In lui si esalta il messaggio cristiano della centralità della persona. Ed è al suo insegnamento che guardiamo noi Amministratori e quanti di noi credenti ne invochiamo il sostegno,per costruire un modello di società nuovo, più giusto, più equo, più solidale, più attento ai bisogni dell’uomo. Soprattutto noi al Sud, un Sud che non sfuggì a Don Bosco nelle sue grandi problematiche e al quale guardò per chiedere sostegni e aiuti in una visione anche qui globale. “